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Klaus Nomi

klaus nomi

Let me, let me
Let me, let me
Freeze again…

*

Intervistatrice: Di te hanno detto che sei l’ottava meraviglia del mondo o un tragico accidente della natura. Cosa pensi di questa definizione?
Klaus Nomi: Oh, è bellissima, è straordinaria… Spero sia vero!

*

I can scarcely move
Or draw my breath
I can scarcely move
Or draw my breath

*

Klaus Sperber nasce nel 1944 a Immenstadt, in Baviera, figlio unico di una madre sola. Quando da bambino ascolta per la prima volta un cantante lirico alla radio pensa «Dio, voglio cantare così», ma allo stesso tempo ruba i soldi alla madre per comprarsi King Creole di Elvis Presley. La sua passione per la musica lirica e per quella pop lo porta appena adolescente a Berlino per frequentare il conservatorio, negli anni Sessanta.
Per mantenersi, e per assistere agli spettacoli, lavora come maschera alla Deutsche Oper Berlin; lì intrattiene i colleghi con le sue imitazioni di Maria Callas, ma per assistere a una sua vera esibizione bisogna frequentare la discoteca gay Kleist Casino.
La sua carriera tuttavia non decolla, così nel 1972 Klaus si trasferisce a New York, nell’East Village. Di giorno è un pasticcere, autodidatta come nel canto, al World Trade Center; di notte frequenta i locali Cbgb e Max’s. Proprio al ritorno da Max’s, una sera del 1978, Ann Magnusen ascolta Klaus canticchiare e decide di farlo esibire nella rassegna New Wave Vaudeville: Klaus arruola un amico, Adrian Richards, che avrebbe accompagnato la sua performance con una robot dance, ma all’ultimo momento il ballerino si tira indietro. Di Adrian rimane il titolo che aveva pensato per la performance, un anagramma della sua rivista preferita, Omni.

 

Sul palco occhi truccatissimi e rossetto nero, tuta spaziale e mantello di plastica trasparente, una voce aliena che canta l’aria Mon cœur s’ouvre à ta voix dal Samson et Dalila (1877) di Camille Saint-Saëns, in platea un pubblico commosso di giovani rock’n’roll altrimenti cinici e dissacranti. Lo spettacolo si chiude tra esplosioni di fumogeno e luci stroboscopiche, nel suono assordante di una navicella spaziale in partenza Klaus saluta come un robot e scompare. «Era come se fosse di un altro pianeta e i suoi genitori lo stessero richiamando a casa» dirà il suo collega Joey Arias. «Quando il fumo si è dileguato, lui non c’era più.»

klaus nomi

Sperber diventa così Klaus Nomi, un’icona underground dell’East Village di Keith Haring e Jean-Michel Basquiat. Grazie alla sua insolita voce controtenorile Klaus fonde opera e new wave nelle performance avant-garde che porta in giro per la città con Joey Arias. Insieme a lui, allora shop boy del negozio più alla moda della città, Fiorucci, Klaus viene invitato all’esclusivo evento in-store Fiorucci Celebrates the New Wave. Ma è al Mudd Club che qualcosa può cambiare: Klaus incontra David Bowie, un Bowie che ha appena ultimato la trilogia berlinese e cerca soluzioni sempre più bizzarre per traghettarsi negli anni Ottanta. Complici alcune conoscenze in comune, Bowie invita Klaus e Arias ad accompagnarlo come performer e coristi in una puntata del Saturday Night Live di fine 1979.

Ci sono già l’estensione vocale e la stravaganza fatta di trucco in stile kabuki, attaccatura dei capelli arretrata e non dissimulata, costume nero da film espressionista tedesco. Per completare il suo personaggio manca solo uno smoking come quello ispirato a Tristan Tzara che Bowie indossa al Snl: Klaus se ne fa confezionare uno più economico, in plastica, meno dada e più retrofuturista. Come Bowie, Klaus impara a fare del look un marchio, delle soluzioni sceniche e coreografiche a metà tra fantascienza anni Venti e Bauhaus un immaginario, della riduzione a personaggio una strategia promozionale.

klaus nomi

Now I’m all alone
It’s like some kind of test
My how I have grown
Will they know me now

*

A New York Klaus si presenta ai concerti in limousine, la tv gli dedica un servizio, fa da testimonial per Jägermeister: sembra l’inizio di un grande successo, ma sfumata l’euforia iniziale Bowie non si fa più vivo, non succede più niente. Klaus riesce comunque a firmare un contratto con Rca, e nel 1981, in un album eponimo, pubblica le canzoni che ha portato in giro per i locali della città fino a quel momento: cover, ma anche brani originali in cui mescola tonalità europop con testi che parlano di spazio, morte, futuro oltremondano. Può capitare allora di vederlo cantare Total Eclipse alla tv alternandosi, in perfetta sintonia, ai Kraftwerk:

 

Nel 1982 pubblica il suo secondo e ultimo album, Simple Man. A fine anno torna in Europa per un breve tour, e fa una delle sue ultime apparizioni di nuovo a casa, al Classic Rock Night di Monaco.

 

Klaus si presenta con un look diverso, il costume, ora barocco e ancora più appariscente, a coprire i segni di una malattia pressoché sconosciuta che nel frattempo gli veniva diagnosticata tardivamente. Klaus canta un suo pezzo forte, The Cold Song, l’aria con la quale, nel King Arthur (1691) di Henry Purcell, il Genio del Freddo risponde a Cupido che gli ha ordinato di ghiacciare il paesaggio:

What power art thou, who from below
Hast made me rise unwillingly and slow
From beds of everlasting snow?
See’est thou not how stiff and wondrous old,
Far unfit to bear the bitter cold,
I can scarecly move or draw my breath?
Let me, let me freeze again to death.

Una delle prime celebrità vittime dell’aids, Klaus Nomi muore dopo pochi mesi a New York, nell’agosto del 1983, a trentanove anni.

*

Klaus Nomi’s dismal dignity placed him beyond the reach of crassly commercial success. His was a life quite apart from knife-plunging press reviews (as if any pop writer could ever possibly know). Nomi sang like a man trapped in the body of a dead girl. Death is his dying speach, after which he was – quite literlly – led away to die, and early bull’s eye for the aids machine-gun. The words have a dreadful ring because they came true, and so soon: «remember me remember me but ah, forget my fate».
(Morrissey, dalla sleeve di Under the influence)

klaus nomi

Now I’m all alone
It’s like some kind of test
My how I have grown
Will they know me now

Will the human race
With their collective brow
Will they know me
Know me know me now