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Hilma Wolitzer
La figlia del dottore

“…il giorno in cui sono nata i miei genitori aprirono il loro cerchio magico e mi accolsero dentro. E se mia madre era la regina della casa, io non potevo che essere la principessa ereditaria. Per il resto del mondo, invece, ero la figlia del dottore, con tutti i benefici e la gloria riflessa che quel titolo conferiva”.


La terapia è come la scrittura.

la figlia del dottore

La vita di Alice Brill è in bilico. Cinquantuno anni, editor free lance, o come ama definirsi “dottore di libri”, e scrittrice mancata, è stretta dai sensi di colpa e da indecifrabili echi del passato. Il padre, un rispettato primario di chirurgia ormai in pensione, è ricoverato in una casa di cura; la madre, una poetessa all’ombra del marito, è morta di cancro quando Alice era ventenne. Turbata da una strana sensazione e da un dolore al petto, Alice mette in discussione tutta la sua vita, e in particolare il rapporto con il marito Everett. A far precipitare la situazione contribuisce la sua adolescenziale relazione amorosa con Michael Doyle, un giovane e promettente scrittore di provincia a cui Alice sta editando il romanzo, e il ritrovamento di una poesia mai pubblicata e di alcune vecchie e ambigue lettere che la madre e il suo editor si erano scambiati per anni. Alice, da provetta detective dell’anima, prova a districarsi in un guazzabuglio di visioni e reminescenze del passato e a fare luce sul mistero che ha turbato la sua infanzia. Uno shock da riconoscimento distillato a piccole dosi. Con uno stile limpido e chirurgico – la colta voce fuori campo di una sit com americana –, Hilma Wolitzer fa muovere la protagonista tra presente e passato, tra ambizione e fallimento, e tratteggia il ritratto universale di una donna lacerata, e al contempo risoluta e fragile, che sottomette la passione al talento.
Un libro densissimo su scrittura e terapia, testimonianza palpitante del superamento di un travaglio e manifesto di una creatività salvifica che porta alla verità. Con la consapevolezza, però, che la narrativa è un’inadeguata imitazione della vita e che non è possibile alcun editing dell’anima.
Il premio Pulitzer Michael Cunningham ha paragonato la scrittrice a Virginia Woolf e a Grace Paley perché tutte e tre “parlano di donne con profondità e rispetto” e ha esaltato la sua “capacità di rendere speciale ciò che è ordinario”.


La memoria è un editor generoso.


Biografia del libro

Hilma Wolitzer ha scritto La figlia del dottore a settantaquattro anni, quasi di getto, al computer, dopo dodici anni di assenza dalla scena letteraria. “Non era un problema di ispirazione: avevo una specie di blocco, mi sentivo come una tubazione intasata. Passavo intere mattinate in attesa che un personaggio mi raccontasse la storia, e qualche volta mi sono pure addormentata. Alla fine mi arrendevo e dicevo: ‘Un altro giorno senza aver scritto nulla’. Nel frattempo ho sconfitto un cancro ai polmoni, ho lavorato sui libri degli altri, ho insegnato e ho scritto un saggio sul blocco della creatività dispensando trucchi per superarlo. Evidentemente certe cure non funzionano su sé stessi. La mia mente di scrittrice, però, non ha mai smesso di lavorare, ma a livello sotterraneo”.
La figlia del dottore non è un romanzo autobiografico. Non sono io Alice Brill, mio padre non faceva il medico e soprattutto non sono cresciuta in una famiglia agiata. È vero, però, che entrambi i miei genitori hanno sofferto a lungo di demenza senile prima di morire e che mio padre ha passato i suoi ultimi anni in clinica. Alcune scene del laboratorio di scrittura sono autentiche e provengono direttamente dalla mia lunga esperienza di insegnante di scrittura creativa. Ma non avevo appena detto che il libro non era autobiografico?”.


Selezione stampa
- “[…] uno dei libri più interessanti e piacevoli in cui mi sono imbattuta negli ultimi tempi: non solo pullula di vita, ma è anche un romanzo sul valore della scrittura e della lettura, sui meccanismi della mente umana.”
Lidia Gualdoni, ilsottoscritto.it, 25 ottobre 2008

- “[…] una tonalità stilistica che sembra mormorare, ma è implacabile nella ricerca, […] un romanzo da cui imparare alcune verità sul rapporto fra vita e scrittura.”
Laura Lepri, Domenica del Sole24Ore, 12 ottobre 2008



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