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Joy Williams
I vivi e i morti
traduzione di Marco Bertoli

Io distinguo tra la vita e la morte.

Accecante inno alla provvisorietà dell’essere, ispido tributo al disallineato genio dell’adolescenza, I vivi e i morti racconta, nella cornice dell’aspro deserto del Sud-ovest americano, le assurde vicende di Alice, Corvus e Annabel, sedicenni orfane di madre, amiche per caso, eroine loro malgrado nella tragedia della loro vita. Alice non ha mai conosciuto i genitori: dopo la morte della madre, in un incidente aereo, ha sempre vissuto con i nonni, scoprendo solo da grande che il fratello maggiore era in realtà il padre. Ecologista militante, vegetariana (“quel cibo una volta aveva una faccia”), preferisce di gran lunga gli animali agli uomini. Corvus fa del lutto una ragione di vita; ha da poco perso i genitori in un bizzarro incidente d’auto e, dopo aver dato fuoco alla casa ed essersi ritirata in una roulotte con il suo cane, sembra sprofondare in un’indolenza da cui la scontrosa Alice tenta di liberarla. Annabel, la più aggrappata alla vita delle tre, invece, sembra solo una vanitosona intenta a prendersi cura della sua pelle.
Al contorno, una parata di personaggi che compaiono e scompaiono a formare un’obliqua rete di dipendenza, fiducia e sospetto. Tra questi, il padre di Annabel, Carter, che desidera carnalmente il suo giovane giardiniere buddhista ma continua a ubriacarsi e a litigare con il fantasma di sua moglie, che fa di tutto per portarselo dall’altra parte; Emily Bliss Pickless, una bambina di otto anni che si finge un po’ tonta per compiacere gli adulti; Ray Webb, diciannovenne ladruncolo schizzato, convinto di avere una scimmia nel cervello. Poi altri attanti, altre storie.
Nel silenzio occhiuto del deserto tutto è sulla difensiva, combattivo, deciso a vivere a ogni costo; tutto è e rimane confine, paranoie di vivi già morti e di morti che tornano in vita, e il silenzio è ogni tanto squarciato da qualche mentecatto che si diverte a sparare ai cactus, onnipresenti sentinelle e miraggio di immortalità.
Per la Williams, nella sua narrativa-cenotafio, vita e morte sono sullo stesso piano, come una trappola paziente, e la mortalità è un fazzoletto di speranza, erba cattiva e risentimento. Vivere è come essere ospiti d’onore nei diorami tetri del destino; le barriere dell’uomo sono insufficienti, e non c’è nemmeno il posto per una divinità distratta.


I ricordi se non li condividi scompaiono.


Biografia del libro

“L’arte ha l’obbligo di confrontarsi con la singolarità della nostra condizione: pensiamo, ci meravigliamo, ci disperiamo, ci interessiamo al prossimo, moriamo. Forse faremmo meglio a spendere diversamente il nostro tempo, ma di fronte alle ingiustizie e alla stupidità della politica, alla distruzione del mondo, ho sempre la tentazione di credere che le cose non siano proprio quello che sembrano”, queste parole di Joy Williams sono il manifesto della sua poetica. I vivi e i morti, uscito nel 2000, è soltanto l’ultimo capitolo dell’indagine sul controverso bilico tra la vita e la morte, esistenza reale e percepita che ha caratterizzato tutte le sue opere. “Questo libro è figlio del nuovo millennio. In quel periodo la gente era forse più desiderosa di riflettere sul pericolo di esistere”.
“La maggior parte dei miei sforzi di scrittura sono tesi a sottintendere ciò che è esprimibile e viceversa, e la ricerca della concretezza è essenziale per entrambe le cose. Scrivere trasforma chi scrive, e c’è sempre il rischio che la lingua s’incagli e non riesca più a ottenere l’effetto desiderato. Ma per fortuna in letteratura non si è obbligati a dire qualcosa”.
I vivi e i morti è stato scritto su una vecchia macchina per scrivere mentre Joy Williams masticava i suoi immancabili chewing gum Wrigley.

 

Selezione stampa
“[…] dialoghi bellissimi, una prosa ricercata e storie al limite del paradosso […] una lettura ostica, spinosa come i cactus nel deserto che ne incornicia le vicende. Ma affascinante come ‘la vita invisibile, inattesa’ che vibra su questo paesaggio ostinato e forte. […] Una scrittrice eccezionale.”
Valeria Parrella, Grazia, 6 settembre 2010

“Un romanzo americano, affascinante, difficile e prezioso.”
Ana Ciurans-Ferrándiz, Pulp, luglio-agosto 2010

- “[…] I vivi e i morti è singolare, intelligente, sconvolgente e non fa nulla per ingraziarsi il lettore. È anche molto ben scritto, e spesso divertente.”
Jennifer Schuessler, Internazionale, 15 luglio 2010

- “Sgradevole, ossessivo, morbosamente affascinante, come […] un film di David Lynch prima maniera.”
Irene Bignardi, la Repubblica, 26 giugno 2010

- “[…] è un romanzo visionario, dalla trama tanto intricata quanto onirica e surreale. […] Perché il confine tra la vita, il sogno e la morte non è mai bene definito, e questo libro ne è l’esempio perfetto.”
Rda., Urban, giugno 2010

- “Joy Williams, da anni tra le voci più interessanti della narrativa, […] arriva con un romanzo finalista al premio Pulitzer 2001 e amato da Don De Lillo, Rick Moody e Robert Coover. […] Un romanzo sulla compassione e sul perdono, sull’estetica e sull’etica della ribellione dei più giovani davanti alla morte.”
Gian Paolo Serino, D di Repubblica, 19 giugno 2010




 

 

 

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