Pier Paolo Di Mino
L’infanzia di Hans – Lo splendore
Laurana
5 aprile 2024
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Che cosa sappiamo della realtà? La realtà dell’esperienza ci è nota: conosciamo fatti, eventi, cause, luoghi, individui. Ma nel cuore dell’esperienza è nascosta una trama simbolica: la realtà reale.
Nell’Ottocento, mentre grazie alla rivoluzione industriale la tecnica si affermava come lo strumento principe per la conoscenza e il dominio del mondo, i romanzieri – da Balzac a Flaubert – tentarono di rappresentare scientificamente la realtà dell’esperienza; ma nel passaggio al Novecento ci si accorse che il realismo non riusciva a soddisfare il bisogno di senso, che l’esperienza risultava frammentata e dispersa, che la realtà reale sfuggiva alla presa. Joyce, Proust, Döblin, Mann, Broch, Musil, Hesse, Canetti e altri tentarono un romanzo nuovo, vorace, spirituale, strabordante dalle forme canoniche.
Lo splendore di Pier Paolo Di Mino si colloca in questa tradizione modernista; ma ficca le sue radici molto più nel profondo, nelle grandi narrazioni bibliche e prebibliche, nella sapienza cabalistica e alchemica – il titolo è un omaggio allo Zohar –, nel romanzo comico e parodistico di Cervantes e Sterne. E al tempo stesso è una rocambolesca e talvolta granguignolesca epopea popolare, avvincente come un romanzo di Dumas.
Questo primo volume dello Splendore è il racconto dell’infanzia di Hans Doré, nato nel 1911 in un sobborgo di Berlino e destinato a diventare il «vero re», colui che – senza saperlo – potrà salvare il mondo dalla macchina della necessità; ma è soprattutto il racconto della sua genealogia diretta e indiretta, nella quale si affollano personaggi memorabili – la curatrice ambulante Hermine, la piissima Clea, il brutale Gustav, il fervente socialista Joseph –, ciascuno con il proprio compito all’interno della sottile trama che regge le sorti dell’umanità. Le loro vite sono contese da due fazioni contrapposte, che sembrano muoversi con agilità nello spazio e nel tempo: da una parte l’abeliano Hubel e il cainita Ginzburg, dall’altra il prete Kircher e un misterioso libraio. Saranno questi ultimi che, per mezzo di un visionario libro azzurro fatto di sole immagini, tenteranno di guidare Hermine, Clea, Gustav, Joseph e lo stesso Hans verso lo splendore.
Su Lo splendore
- Il sito di Lo splendore;
Dicono di Lo splendore
- Daniele Biacchessi (intervista), Giornale Radio (da 52m11s), 22 aprile 2024;
- Filippo La Porta, Robinson, 14 aprile 2024;
- Redazione, Degrado, 4 aprile 2024;
- Redazione, Le parole e le cose, 3 aprile 2024;
- Redazione, illibraio.it, 3 aprile 2024;
- Ermanno Paccagnini, la Lettura, 31 marzo 2024;
- Redazione, Rivista Blam, 29 marzo 2024.
- Filippo Golia, Servizio
su Tg2 Storie, 13 novembre 2022.
In particolare
“Ora, su un romanzo del genere si possono scrivere i saggi più sofisticati ed eruditi, ma non si coglierebbe il cuore del libro. Ciò che occorre segnalare subito è invece il piacere della lettura, il brusio accogliente della lingua, il respiro avvincente dell’affabulazione che ci trascina dentro molteplici destini. […] Come se l’autore avesse digerito l’intero catalogo Adelphi! [...] La più bella invenzione di Di Mino è Il libro azzurro che Idel acquista dal libraio per regalarlo ad Hans: un atlante dove ‘c’è tutto il mondo’, dove ognuno vede cose diverse, e anzi i più ci vedono solo pagine bianche. Così Lo splendore: ogni lettore ci vedrà cose diverse, abbandonandosi alle sue fiabe perlopiù dark o rischiando di perdersi nel suo magma narrativo, a volte stremato. Suggerisco di leggerlo, contro le apparenze, come romanzo ‘realistico’. Nessuno può definire, in modo soddisfacente, cosa sia ‘realtà’. Però Di Mino ci ricorda che il diorama della letteratura è uno dei dispositivi più ‘efficienti’ per trasmetterci una – ben reale – vibrazione.”
Filippo La Porta, Robinson, 14 aprile 2024
“Lo splendore è un romanzo che dà l’esperienza della bellezza: quella bellezza che ci inchioda, che si impossessa di noi, che ci eleva spiritualmente, che ci avvicina alla visione della realtà.”
- Redazione (dalle parole di Giulio Mozzi), illibraio.it, 3 aprile 2024
“Un romanzo di simboli […]. Un dialogo col lettore diretto e indiretto, tra cospicui e affascinanti richiami a una bibliografia tanto vasta e variegata da farsi a sua volta personaggio con proprie parole; e pure citazioni anche facilmente riconoscibili: quasi a ricreare una sorta di ‘lingua chimerica e filosofica’, alchemica, quale quella del Polifilo […]. Una ricchezza che si depone anche in una gran varietà di soluzioni stilistiche, dal dibattito argomentativo al racconto d’un sogno, dal dialogo alla preghiera, dalla narrazione commossa alle subdole proposte di qualsivoglia tipo, alle ricostruzioni biografiche ora più piane e ora frenetiche […].
Ermanno Paccagnini, la Lettura, 31 marzo 2024
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