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Percival Everett
Glifo

La linea è tutto.

Accolto trionfalmente dalla critica, diventato subito libro di culto, Glifo è uno dei più innovativi romanzi americani degli ultimi anni. Il suo precoce e indimenticabile eroe si chiama Ralph, un bimbo prodigio con un Q.I. pari a 475. A dieci mesi di età non parla per scelta e trascorre il tempo nella culla a leggere qualsiasi cosa gli passi la mamma, diventata ben presto il suo pusher letterario: “la Bibbia, il Corano, tutto Swift, tutto Sterne, Joyce, Balzac, Auden, Theodore Roethke, la teoria dei giochi e quella dell’evoluzione, la genetica e la dinamica dei fluidi”. Scrive anche poesie ultrasofisticate sull’anatomia umana e bigliettini pieni di doppi sensi, ma non per questo si considera un genio, soprattutto perché non è ancora in grado di guidare. Naturalmente Ralph adora la sua mamma, mentre ha un pessimo rapporto con il padre, “un poststrutturalista fallito”, permaloso e piuttosto in carne.
Quando la notizia delle doti portentose del bambino comincia a diffondersi, sono in molti a volerne trarre vantaggio, tra cui la dottoressa Davis, con il suo scimpanzé, e l’agente segreto Nanna. Di rapimento in rapimento, da una cella di massima sicurezza alla stanza di un prete pedofi lo, il piccolo Ralph, in realtà, non fa altro che prendersi gioco dei suoi carcerieri, senza smettere nel frattempo di ragionare su teorie filosofi che e linguistiche. Fino a una conclusione semplice e sorprendente, che forse solo un bambino geniale può scoprire in sé: il primato dell’amore sull’intelligenza. “Non cerco mai di essere divertente, perché non funziona”, ha detto una volta Percival Everett. “Ma spesso proprio le cose più serie e più tristi possono essere affrontate e descritte meglio usando l’ironia”.

Comincerò con l’infinito.

Biografia del libro

Glifo è stato scritto a matita su quaderni ad anelli in un ranch a circa cento chilometri da Los Angeles, soprattutto di notte e in un arco di circa tre mesi, probabilmente durante il 1998. È venuto più facilmente di qualsiasi altro libro l’autore abbia fatto, ma non è possibile determinare con maggiore precisione la data, perché Percival Everett soffre di quella che definisce “amnesia dell’opera” e dice di ritrovarsi spesso con un romanzo finito senza rendersi conto di averlo scritto. La nascita di Glifo, ricorda, si deve a una storiella che gli era stata raccontata da suo padre. Nella storiella c’è un bambino di tre anni che non ha ancora cominciato a parlare, suscitando le preoccupazioni dei genitori. Una sera, durante la cena, il bambino dice improvvisamente che odia i piselli. Quando il papà gli chiede stupefatto
perché non avesse mai parlato prima, il bambino risponde: “Perché finora andava tutto bene”.
Hanno allevato questo libro Laurence Sterne, Mark Twain e Ludwig Wittgenstein, ma l’autore è altrettanto grato ai muli e ai cavalli del suo ranch che lo hanno riportato alla realtà ogni mattina, quando lasciava la scrivania e andava a pulire le loro stalle.


Leggi il primo capitolo di Glifo
Rassegna stampa di Greenwich
Il blog di Glifo
Il lavoro di editing su Glifo
Copertina definitiva di Glifo
Scheda promozionale di Glifo


Selezione stampa
- “[…] in Glifo i lettori si trovano alle prese con un personaggio, Ralph, che è un bambino di pochi mesi e al contempo una scaltra e ironica rappresentazione sia del linguaggio sia dell’opera d’arte, dei loro trabocchetti e delle loro (in)finite possibilità di significare. […] Ecco, infine, i motivi che dovrebbero spingerci tutti a leggere i romanzi di Everett: perché da bravo artigiano della parola, è sofisticato come Gertrude Stein, arguto come Mark Twain, parodico come Cervantes, fantasioso come Lewis Carroll, autoriflessivo come Henry James, fulmineo, irresistibilmente comico, imprevedibile, imperdibile come Percival Everett.”
Sara Antonelli, l’Unità, primo ottobre 2008

- “La tessitura drammatica del libro di Everett è nelle corde di chi ama alcuni postmoderni – è più fruibile di Thomas Pynchon e meno maestoso ed estenuante di Dave Foster Wallace – e affascina proprio per le sue diverse velocità.”
Alessandro Beretta, Corriere della Sera, 16 settembre 2007

- “La struttura del romanzo […] è originale e rivela la gran competenza tecnica di Everett e la sua attenzione agli aspetti formali della narrazione […].”
Seia Montanelli, Stilos, 28 agosto 2007





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